La Minuta #13

 

Il cacciatore superò il crinale, si addentrò nel bosco tetro e giunse ansante presso un'ansa del ruscello, la lunga marcia gli era costata sudore e bestemmie, ma in barba ad ogni pentimento ora era ansioso di cacciare. Assopita vicino al rivolo stava una bestia, ma il cacciatore, in ammollo nella vegetazione fino al collo e assordato dal torrente, non si accorse della sua presenza se non quando il suo piede aveva già iniziato a comprimerne incautamente la coda. L'uomo si bloccò a mezz'aria, benedetto istinto di sopravvivenza sempre in ritardo. La bestia, assonnata, aprì lentamente gli occhi e ancor più lentamente le fauci, mostrando lunghi, taglienti, denti bianchi. Gli occhi promettevano una morte certa, tutto il resto dell'animale erano la garanzia che avrebbe tenuto fede alla promessa. Gli sguardi si incrociarono, il cacciatore avrebbe voluto essere altrove, anche disteso su un letto d'ospedale o seduto sopra un cactus sarebbero stati posti migliori rispetto a quello in cui si trovava in quel momento. Strinse le chiappe. Tutto rimase immoto, finché nel torrente si mosse un sasso, il suono secco diede la scossa ai due. La belva si voltò apprensiva e fulminea verso l'origine del rumore. Il cacciatore colse l'attimo e si tuffò dietro una felce ad armeggiare maldestramente con il fucile, non riusciva a sfilarsi la tracolla e tenere a bada le viscere allo stesso tempo. Passarono i secondi, non successe nulla. Dopo qualche istante l'uomo, timido e titubante, fece capolino da dietro le foglie. Dello scoiattolo e dei suoi denti neanche l'ombra. Per fortuna.

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