La Minuta #7




Guardò sereno la riva cullato dall'acqua, scorreva veloce. Una moltitudine di persone lo osservava rumorosa. Pur sforzandosi non capiva cosa dicessero, e scoppiò in una risata fragorosa al gusto di pazzia incipiente. Un paio di ore prima il matematico stava rincorrendo, forte della disperazione, uno sfuggente foglio di carta animato da un vento malevolo. Il cuore gli batteva come una grancassa e le gocce di sudore lo accecavano, l'aria che inspirava non bastava a placare la sua sete di ossigeno.Ma aveva continuato imperterrito nell'impresa di recuperare il foglio, quel dannato. Aveva anche creduto di morire un paio di volte, dannati i camion e le anziane signore con un ombrello. Un'ora prima, il foglio su cui era scritta l'Equazione Universale, la pietra filosofale delle formule, la soluzione a tutti i problemi, si era fermato a riposare sul marciapiede di un ponte monumentale. Il matematico si era proteso in uno slancio alimentato a speranza solo per vederlo scattare all'ultimo istante saltando il parapetto, maledetto eolo. Aveva vissuto l'illusione di prenderlo, ma il foglio era più leggero e agile. Mancò, ovviamente, di catturarlo, ma l'impeto della speranza l'aveva comunque spinto al di là del parapetto. Era caduto, e mentre approcciava repentinamente l'acqua e la speranza di cui sopra se ne andava a farsi i cazzi propri, il foglio fluttuava beffardo davanti a lui con la famigerata equazione tatuata in bella vista. L'impatto fu un botto. Poi aveva annaspato, gridato, imprecato e guadagnato qualche metro verso la riva, ma la corrente lo aveva ripreso, sempre riportandolo distante dalla terra asciutta. Qualcuno gli aveva gettato una corda, ma la corrente gliel'aveva tolta letteralmente dalle mani; qualcun altro aveva provato a usare una barca, ma sempre senza riuscirvi. Ironicamente, la soluzione a tutti i problemi galleggiava qualche metro davanti a lui a pelo d'acqua. La raggiunse, la osservò. L'equazione non risolse nulla.
In compenso la corrente si era addolcita, l'acqua gli sembrava meno fredda e la stanchezza si era fatta inebriante. Chiuse gli occhi qualche istante, quando li riaprì era sotto il pelo dell'acqua, un pesce gli boccheggiava in faccia impertinente, gli parve che il labiale ittico suonasse come: "Sfigato". Chiuse gli occhi di nuovo, odiava le allucinazioni, si perse nei suoi pensieri, una nuova equazione stava prendendo forma.



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